Barcellona città d’Autore o, per meglio dire, di più Autori a partire dai Romani che nel I sec. a.C. in una piana prospiciente il mare racchiusa tra due fiumi – Llobregat e Besós – fondarono un Castrum dal lungo e complicato nome di “Colonia Iulia Augusta Faventia Paterna Barcina”.
Le tracce di quella prima Barcellona d’Autore sono evidenti e possenti, a partire dall’impianto urbano segnato dal “Decumanus Maximus”, che va da Porta Decumana a Porta Praetoria, e dal “Cardo Maximus”, che va da Porta Principalis Dextra a Porta Principalis Sinistra.
Al loro incrocio il “Forum” e il “Tempio di Augusto” di cui restano imponenti testimonianze.
La successiva, ultramillenaria vicenda che va dall’epoca dei Visigoti (415) a quella degli Aragonesi, dei Francesi e dei Borboni e si prolunga fino all’occupazione napoleonica (1810-13), non segna la presenza di Autori nella costruzione urbana, anche se le sue tracce sono presenti ovunque all’interno della città, con alcune rilevanti emergenze: la Cattedrale gotica della Santa Croce e di S. Eulalia (XIII-XV sec.), il Palazzo gotico-rinascimentale sede della Generalitat della Catalogna (1400-1600), il settecentesco nucleo de La Barceloneta e la cinta muraria fatta costruire nel 1719 da Filippo V come misura repressiva nei confronti degli scalpitanti barcellonesi.
La comparsa di un nuovo, grande Autore si ha a metà dell’800 allorché il Governo cittadino decide l’abbattimento delle mura (1854) e avvia un concorso per la redazione del piano urbanistico per la Barcellona del futuro (1858).
Il concorso è vinto dall’Arch. Antonio Rovira y Trias, ma da Madrid arriva un’ordinanza che va in direzione del tutto diversa: “Le nuove costruzioni di Barcellona e del comuni contermini dovranno d’ora innanzi tener conto dei tracciati del piano dell’ingegner Cerdà, da noi approvato con l’ordinanza reale del 7 giugno 1859”.
Il Governo e il popolo barcellonesi lo considerarono un insopportabile sopruso, ma letto con gli occhi della storia mai sopruso fu più benefico per la città di Barcellona e, ancor più, per l’urbanistica moderna che ha nel piano elaborato dall’ingegnere-architetto Ildefonso Cerdà y Sunier il suo atto fondativo.
Il “Plan Cerdà” rompe con la tradizione dei piani che vanno al seguito della spinta della rendita fondiaria e della gerarchizzazione sociale, entrambe pienamente rispettate nel piano di Rovira y Trias, e apre una nuova dimensione dell’urbanistica che deve progettare la città intesa “come luogo che consenta la soddisfazione dei bisogni e dei desideri dei cittadini”.
Nasce da questa impostazione lo schema a scacchiera del Plan Cerdà, che rende del tutto indifferenti luoghi e direttrici dell’Ensanche, della espansione urbana. Su quel piano Barcellona, malgrado le continue deformazioni dell’impostazione originaria, è vissuta e cresciuta in modo ordinato, funzionalmente efficiente ed esteticamente apprezzabile per circa 150 anni.
Malgrado ciò i barcellonesi non hanno mai perdonato il sopruso del governo di Madrid, al punto da rimuoverne la memoria di Cerdà nascondendo negli archivi la sua “Teoria Generale dell’Urbanizzazione” e il “Plan Cerdà”, il che ha fatto scrivere interi libri di storia dell’urbanistica con questa clamorosa lacuna.
Solamente a distanza di cento anni la figura e l’opera di Cerdà verranno riportate alla luce grazie al lavoro di ricerca svolto da Antonio Lopez de Aberasturi presso il seminario dell’Istituto di Urbanistica dell’Università Paris VIII diretto da Françoise Choay, pubblicato nel 1979 (Editions du Seuil, Paris).
Gli Autori successivi appartengono a quel grande movimento artistico conosciuto con il nome di “Modernismo catalano”, che prende piede a Barcellona tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 inserendo peculiarità tipiche della tradizione culturale catalana nel più ampio movimento che si afferma in Europa con il nome di “Art Noveau”.
Il terreno principale di espressione è quello dell’architettura, con personalità e opere di straordinario valore: Luis Domènech Montaner con il “Palau de la Musica Catalana” e la “Casa Lleó i Morera”; Josep Puig i Cadafalch con la “Casa Amatler”; Josep Maria Juiol con la “Casa Planells”; Antoni Gaudí, il più noto, geniale e singolare esponente del movimento, con le straordinarie architetture della “Casa Mila” (più conosciuta come “La Pedrera”), della “Casa Battlò”, del “Palau Gúell”, oltre all’arcinota e controversa “Sagrada Familia”.
Tre di queste architetture – Casa Battló, Casa Amatler e Casa Lleó i Morera – si trovano vicine tra loro sul Passeig de Grácia lungo un isolato che i barcellonesi chiamano la “Manzana de la Discordía”, ad evocare il confronto tra le opere di tre grandi artisti.
Infine gli Autori più recenti – Pasqual Maragall, Sindaco di Barcellona, Oriol Bohigas architetto-urbanista – vale a dire i protagonisti delle trasformazioni di Barcellona in occasione delle Olimpiadi del 1992, riconosciute come uno dei più vasti piani di riqualificazione urbana realizzati in Europa.
Due le parti più importanti della città investite dal piano.
Una è la collina del “Montjuïc” – che già ospitava il capolavoro del Padiglione tedesco progettato da Mies van der Rohe per l’Esposizione universale del 1929 – dove viene rinnovato lo Stadio Olimpico (Vittorio Gregotti) e realizzati il Palau Saint Jordi (Arata Isozaki) e la Torre delle Telecomunicazioni (Santiago Calatrava).
L’altra è il quartiere “Poblenou”, per il quale sulla base del piano predisposto da MBM Arquitectes viene realizzato il Villaggio Olimpico, il Parc del Mar, il Porto turistico e l’area Diagonal Mar. Il tutto restituendo alla città il suo rapporto con il mare.
Barcellona ne esce completamente ridisegnata, confermando la sua storica attitudine ad essere Città d’Autore.
Immagini, dall’alto:
- Decumanus Maximus
- Castrum romano
- Tempio di Augusto
- Cattedrale Santa Croce e S. Eulalia
- Palazzo della Generalitat
- Plan Cerdà
- Palau de la Musica Catalana
- Casa Mila – La Pedrera
- Casa Amatler e Casa Battlò
- Padiglione di Mies van der Rohe
- Palau S. Jordi e Torre Telecomunicazioni
- Diagonal Mar